IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa  iscritta  al  n.
 2269/1990  r.g.l.  promossa da Carini Luciano e Gualandi Gianna quali
 esercenti la patria potesta' sul figlio  minore  Carini  Fabio  (avv.
 Giorgio  Sacco  e dott. proc. Giovanna Buttazzo), contro il Ministero
 dell'interno, contumace, e  nella  causa  iscritta  al  n.  2629/1990
 r.g.l. promossa da Pezzoli Franco e Orsi Francesca quali esercenti la
 patria  potesta' sul figlio minore Pezzoli Luca (avv. Giorgio Sacco e
 dott. proc. Giovanna Buttazzo),  contro  il  Ministero  dell'interno,
 contumace.
    Oggetto: riconoscimento indennita' di accompagnamento.
    Il  pretore  dott.  Monaci  Stefano  a  scioglimento della riserva
 pronunciata in data 18 aprile 1991 ha emesso la seguente ordinanza:
    1. - Con ricorso depositato il 27 giugno 1990,  Carini  Luciano  e
 Gualandi  Gianna,  in  qualita'  di  rappresentanti legali del figlio
 minore Carini Fabio, chiedevano, previa  eventuale  dichiarazione  di
 rilevanza   e   non   manifesta   infondatezza   della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge 21 ottobre  1988,
 n.  508,  l'accertamento  del  diritto  del  minore  alla concessione
 dell'assegno di accompagnamento ai sensi dell'art. 17 della legge  n.
 118/1971,   tra   l'altro,   anche  per  il  periodo  1989-1990,  con
 conseguente condanna del Ministero dell'interno  alla  corresponsione
 dello  stesso,  oltre  agli  interessi  legali e alle spese di causa.
 Esponevano i ricorrenti che nei confronti del figlio minore,  affetto
 da  una serie di patologie tali da comportare difficolta' persistenti
 allo svolgimento dei compiti e delle funzioni proprie dell sua  eta',
 e riconosciuto dalla competente commissione sanitaria non deambulante
 in  modo  autonomo,  sussistendo  altresi' gli ulteriori requisiti di
 legge, tra cui la frequentazione  di  un  centro  ambulatoriale,  era
 stata   accertata   la   titolarita'   del   diritto  all'assegno  di
 accompagnamento (nella seduta del 1º giugno 1983); che  tale  assegno
 era  stato  corrisposto  dal  comitato  provinciale  di  assistenza e
 beneficenza pubblica,  con  decorrenza  dal  primo  giorno  del  mese
 successivo  alla  presentazione  della  domanda,  sino a tutto l'anno
 scolastico 1986-87; che successivamente l'erogazione dello stesso era
 stata sospesa senza  comunicazione  dei  motivi,  che  questi  ultimi
 probabilmente  riposavano  su  un'errata  interpretazione dell'art. 6
 della legge n. 508/1988, il quale, abrogato l'art. 17 della legge  n.
 118/1971  che  prevedeva  l'assegno  di  accompagnamento a favore dei
 minori non deambulanti, faceva pero'  salve  le  domande  dirette  ad
 ottenere  la  suddetta  provvidenza  presentate  sino alla entrata in
 vigore della medesima legge.
    Sostenevano  i  ricorrenti  che  la  domanda  cui  avrebbe   fatto
 riferimento  l'art.  6,  secondo  comma,  della legge n. 508/1988 era
 quella  iniziale,   diretta   all'accertamento   del   diritto   alla
 concessione  dell'assegno,  consistente  in  una  "istanza  in  carta
 libera, corredata da un certificato della direzione della scuola, del
 corso o del centro, alla commissione sanitaria provinciale competente
 per territorio" (art. 17, secondo comma, della legge n. 118/1971).
    Infatti, poiche' la concessione dell'assegno  era  rinnovabile  di
 anno  in  anno,  previa  una  semplice  presentazione  al  competente
 comitato locale di assistenza e beneficenza pubblica del  certificato
 di  frequenza, in relazione agli anni successivi al primo (quello del
 riconoscimento del diritto), non si sarebbe potuto parlare, secondo i
 ricorrenti,  di  nuova   domanda,   trattandosi   di   una   semplice
 integrazione  della  domanda  iniziale  allo  scopo di documentare la
 permanenza  di  uno  dei  requisiti  richiesti  per  la   concessione
 dell'assegno e di ottenere cosi' un rinnovo dello stesso d'ufficio.
    La  conseguenza  di  tale  assunto,  in  costanza  di  una istanza
 "originaria" presentata prima dell'entrata in vigore della  legge  n.
 508/1988,  era l'asserito diritto alla reiterazione della provvidenza
 prevista dall'art. 17 della legge n. 118/1971 anche per  l'annualita'
 1989-1990,  nonostante  che  l'istanza  di  rinnovo  relativa  a tale
 periodo  avesse  data  successiva   all'entrata   in   vigore   della
 disposizione abrogatrice.
    Infine  i  ricorrenti  eccepivano  l'illegittimita' costituzionale
 dell'art. 6 della stessa legge n. 503/1988, in  quanto  l'abrogazione
 dell'art.  17  della  legge  n. 118/1971 eliminava l'unico beneficio,
 l'assegno di accompagnamento appunto, previsto a  favore  dei  minori
 con  persistenti difficolta' a svolgere i compiti e le funzioni della
 loro eta', non utonomamente deambulanti, ma non totalmente  invalidi,
 onde   facilitare   agli   stessi   la  frequentazione  della  scuola
 dell'obbligo o di corsi di addestramento e di riabilitazione. In tale
 abrogazione veniva ravvisata la violazione degli artt. 3 e 38,  terzo
 comma, della Costituzione.
    Alla  prima  udienza  veniva  disposta  la  riunione  al  presente
 procedimento di quello n. 2629/1990 r.g. lavoro, promosso da  Pezzoli
 Franco  e  Orsi  Francesca nella loro qualita' di genitori del minore
 Pezzoli Luca, nei confronti del Ministero dell'interno, dipendendo la
 decisione  di  entrambe  le  cause  dalla  risoluzione delle medesime
 questioni di diritto.
    Alla successiva udienza del 18 aprile 1991 insistendo i ricorrenti
 nella sollevata  eccezione  di  incostituzionalita',  il  pretore  si
 riserva di decidere in ordine a tale questione.
    Ai   fini   dell'eventuale   rimessione   degli  atti  alla  Corte
 costituzionale occorre verificare la sussistenza  dei  due  requisiti
 della  non  manifesta  infondatezza  della  questione di legittimita'
 costituzionale, con riferimento alle norme indicate dai ricorrenti  e
 della  rilevanza  della  stessa ai fini della decisione degli odierni
 procedimenti.
    2 a.  -  Ragioni  di  razionalita'  metodologica  suggeriscono  di
 verificate anzitutto la sussistenza del secondo requisito menzionato.
    Si prospettano due diverse interpretazioni dell'art. 6 della legge
 n.  508/1988,  abrogativo dell'art. 17 della legge n. 118/1971, norma
 questa  ultima  che  ha   introdotto   l'istituto   dell'assegno   di
 accompagnamento   a   favore   degli   invalidi  civili  minori,  non
 deambulanti ma non ricoverati  a  tempo  pieno,  che  frequentino  la
 scuola dell'obbligo o corsi di addestramento o centri ambulatoriali.
    L'adesione  all'una  o  all'altra  chiave  di  lettura  condiziona
 l'esito del giudizio circa la rilevanza della sollevata questione  di
 legittimita' costitzionale, in relazione agli odierni procedimenti.
    Per  l'interpretazione fornita dai ricorrenti il secondo comma del
 predetto art. 6, che fa salve le domande presentate fino alla data di
 entrata in vigore della legge n. 508/1988,  non  puo'  che  riferirsi
 alle  istanze  "originarie"  dirette  ad  ottenere la concessione del
 beneficio in quanto i successivi inoltri annuali al  comitato  locale
 di   assistenza   e   beneficenza   del   certificato  attestante  la
 frequentazione di un corso educativo di riabilitazione da  parte  del
 minore  gia'  titolare  di assegno di accompagnamento costituirebbero
 mere integrazioni della domanda  iniziale  e  risponderebbero  ad  un
 semplice  onere  di  allegazione  circa  la  permanenza  di  uno  dei
 requisiti previsti per la concessione dell'assegno:  il  rinnovo  non
 avverrebbe  su  domanda,  ma  d'ufficio,  con riferimento all'istanza
 iniziale presentata la commissione sanitaria.
    Il  legislatore  avrebbe  abolito  solamente  la  possibilita'  di
 concedere  ex novo la provvidenza de quo per il futuro, facendo pero'
 salve le concessioni gia' avvenute e quelle, passibili a  loro  volta
 di  rinnovo  annuale  "automatico"  (nel  senso  gia' precisato), che
 potrebbero  effettuarsi  sulla  base  di  domande  presentate   prima
 dell'entrata in vigore della legge n. 508/1988.
    In  base invece alla diversa interpretazione adottata in, concreto
 dai competenti organi pubblici,  non  solo  dovrebbe  essere  esclusa
 qualsiasi  nuova  concessione  per  il  futuro, ma anche nei casi nei
 quali la  concessione  del  beneficio  era  gia'  stata  disposta  in
 precedenza  la  conservazione  degli  effetti  del  riconoscimento, e
 quindi la corresponsione dell'assegno, sarebbero limitate ai casi  in
 cui,  alla  data  di entrata in vigore della legge n. 508/1988, fosse
 gia' stata presentata apposita  domanda  per  la  reiterazione  della
 concessione.
    Se   si  adottasse  la  prima  interpretazione  i  minori,  almeno
 attualmente ed in relazione al contenuto delle domande presentate dai
 genitori, non sarbbero pregiudicati  dall'intervenuta  abrogazione  e
 pertanto  nella  loro  qualita'  di  titolari  del  relativo  diritto
 sostanziale  potrebbero  ottenere, in base al secondo comma del sopra
 menzionato art. 6, l'assegno anche per l'annualita' 1989-1990.
    Infatti dagli atti risulta che i  rappresentanti  legali  dei  due
 minori  hanno  presentato le loro rispettive istanze quindi ben prima
 della vigenza della norma abrogatrice.
    Per  la  precisione  il  comitato  provinciale  di  assistenza   e
 beneficenza   pubblica   ha   disposto   i   rispettivi   assegni  di
 accompagnamento, nella seduta del 27 maggio 1986 in favore del minore
 Carini Fabio per il periodo dal 1º giugno 1983 al 30 settembre 1986 a
 seguito di istanza presentata in  data  4  maggio  1983  (doc.  n.  2
 allegato al fascicolo Carini), ed invece nella seduta del 9 settembre
 1986 in favore del minore Pezzoli Luca per il periodo dal 1º novembre
 1983  al  30  settembre  1986  a  seguito di domanda presentata il 10
 novembre 1983 (doc. n. 2 allegato al fascicolo Pezzoli).
    Se si accedesse alla seconda interpretazione  risulterebbe  invece
 evidente   l'interesse  a  sollevare  l'eccezione  di  illegittimita'
 costituzionale  del  precitato  art.  6,  atteso  che  soltanto   con
 l'eliminazione  dall'ordinamento giuridico dello stesso i ricorrenti,
 pur avendo presentato  istanza  di  rinnovo  al  comitato  locale  di
 assistenza  successivamente  all'entrata  in  vigore  della  legge n.
 508/1988, potrebbero ottenere quanto richiesto in  ricorso,  e  cioe'
 l'assegno di accompagnamento anche per il periodo 1989-1990.
    E'  da  propendersi  per la seconda interpretazione per i seguenti
 rilievi.
    Anzitutto  non  e'  probabile  che  il  legislatore,  abolendo  la
 provvidenza per il futuro, abbia inteso conservarla a tutti coloro ai
 quali  sia  gia'  stato riconosciuto il diritto: appare piu' conforme
 alle intenzioni del medesimo la eccezionale proroga dell'assegno  per
 una  sola annualita', diretta a non frustrare il buon diritto di che,
 avendo gia' presentato il certificato  di  frequenza  documentate  la
 permanenza  dei  requisiti richiesti, non ha ragione di nutrire dubbi
 circa il rinnovo della concessione.
    In  secondo  luogo  non  convincono  le  osservazioni   di   parte
 ricorrente  circa  la  negazione della qualifica giuridica di domanda
 alla presentazione del certificato di frequenza ai fini  del  rinnovo
 annuale  della  concessione dell'assegno. In realta' non sembra possa
 dubitarsi che, trattandosi di beneficio a prestazione  periodica  non
 erogabile  una  tantum  e  rinnovabile di anno in anno, ed essendo la
 reiterazione  del  provvedimento  di  conessione   subordinata   alla
 valutazione  della  permanenza  dei  requisiti  del richiedente, tale
 rinnovo non puo' avvenire automaticamente e f'ufficio, ma  presuppone
 un'istanza  di  parte:  nel  caso  di  specie essa e' implicita nella
 presentazione al comitato provinciale di  assistenza  e  beneficienza
 pubblica  competente  per territorio della documentazione attestante,
 appunto, la permanenza dei requisiti legali.
    Pertanto, ritenuta  corretta  l'interpretazione  data  alla  norma
 censurata dal resistente, non potendosi prescindere nel caso concreto
 dall'applicazione  della  medesima, deve concludersi che la questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge n. 508/1988 e'
 pregiudiziale e  quindi  rilevante  per  la  decisione  dei  presenti
 procedimenti riuniti.
    2  b. - Quanto al requisito della non manifesta infondatezza della
 prospettata eccezione di  illegittimita'  costituzionale,  esso  deve
 ritenersi  sussistente con riferimento alla norma-parametro, indicata
 dai  ricorrenti,  contenuta  nel  terzo  comma  dell'art.  38   della
 Costituzione,  che cosi' si esprime: "Gli inabili ed i minorati hanno
 diritto all'educazione e all'avviamento professionale".
    La  nostra  Carta  fondamentale,  propria  di  uno  Stato  sociale
 improntato   ai  principi  di  solidarieta'  socio-economica,  impone
 all'ordinamento la creazione degli  strumenti  idonei  ad  offrire  a
 tutti  i cittadini un sistema di assistenza sociale tale da garantire
 loro la "liberta' del bisogno" nel caso che, sprovvisti di  mezzi  di
 sostentamento,    si    trovino   in   condizioni   psico-isiche   di
 impossibilita' a procurarseli mediante il lavoro.
    Poiche' il  relativo  onere  e'  addossato  a  carico  dell'intera
 collettivita'  tale  sistema  assistenziale  si differenzia da quello
 previdenziale previsto a favore dei lavoratori, atteso che essi hanno
 diritto alle  prestazioni  previdenziali  per  le  esigenze  di  vita
 verificatesi  in  occasione  di  eventi di oggettiva impossibilita' a
 procurarsi i mezzi di  sostentamento,  sulla  base  della  precedente
 contribuzione  ad  un ente assicurativo. Anche nel caso che in futuro
 venga compiutamente realizzato un sistema di  sicurezza  sociale  che
 riguardi  indistintamente  tutti  i cittadini, le prestazioni erogate
 dallo Stato,  a  differenza  delle  altre,  difficilmente  potrebbero
 essere  del  tutto  disancorate  da  un  collegamento  tra  di esse e
 l'effettiva produzione di  reddito  nazionale  nel  quel  trovano  il
 proprio finanziamento.
    Comunque,  allo  stato  attuale, i doveri di solidarieta' espressi
 dalla Corte costituzionale impongono che  la  collettivita'  fornisca
 agli  inabili  e  invalidi,  oltre  ai  mezzi di sostentamento, anche
 strutture  e  provvidenze  atte  ad  assicurare  loro  educazione  ed
 avviamento professionale e cioe' gli strumenti per garantire ad essi,
 da un lato, il maggior grado possibile di sviluppo della personalita'
 e dall'altro un adeguato inserimento nel campo lavorativo, atteso che
 il  lavoro  si  pone  non  solo come valore-mezzo (nella sua funzione
 sostentatrice), ma anche come valore-fine, in qualita' di  principale
 fondamento   della   dignita'   e  realizzazione  umana.  Cio'  anche
 nell'ottica del superamento degli ostacoli  che  impediscono  a  tali
 cittadini   la  effettiva  partecipazione  all'organizzazione  socio-
 economica e politica del Paese.
    E' pacificamente riconosciuto che l'art. 38, secondo comma,  della
 Costituzione,  relativo  alla  materia  previdenziale, ha una portata
 immediatamente precettiva inter parter: non si tratta  di  una  norma
 programmatica  che impoga allo Stato un dovere di attivarsi, ma di un
 precetto che crea in capo ai destinatari  finali  diritti  soggettivi
 perfetti.
    Probabilmente  invice  in  tema di assistenza, dati anche gli ampi
 spazi di  discrezionalita'  lasciati  al  legislatore  ordinario  per
 provvedere  ai  suoi compiti, gli interessati possono vantare non una
 pretesa dal  contenuto  precisamente  determinato,  ma  un  legittimo
 interesse    al    rispetto    e   all'attuazione   delle   direttive
 costituzionali.
    La situazione si prospetta pero' diversa  allorche'  l'ordinamento
 abbia  gia'  dato  concreta realizzazione al programma assistenziale,
 evidenziandosi in tal caso una pretesa  perfetta  nei  suoi  elementi
 costitutivi in capo ai destinatari degli interventi, i quali potranno
 beneficiare  degli  stessi  in  seguito all'esito positivo della mera
 verifica circa il loro possesso dei requisiti  legali  da  parte  dei
 competenti organi.
    Le   leggi   attuative  del  precetto  costituzionale,  in  quanto
 manifestazione,  in  un  certo  momento  storico,  delle  valutazioni
 discrezionali  del  legislatore  in  ordine alla gerarchia dei valori
 espressi  dall'ordinamento  e  alla   distribuzione   delle   risorse
 finanziarie  e disponibili, non possono essere censurate alla luce di
 criteri di congruita' ed adeguatezza degli interventi.
    Sembra prestarsi ad essere censurate invece una  legge  successiva
 che  non  si  limiti a modificare e magari a circoscrivere la portata
 dei benefici assistenziali gia' concessi, ma revochi gli stessi senza
 prevedere  interventi  sostitutivi.  In  questo  caso,  infatti,   la
 disposizione  legislativa  abrogatrice  si  pone  in contrasto con un
 precetto costituzionale gia' attuato e concretizzato,  andando  cosi'
 ad  incidere  negativamente  su  interessi attuali, riconosciuti come
 meritevoli di tutela giuridica.
    Nel caso di specie l'art. 6 della legge n.  508/1988  ha  abrogato
 l'art.  17  della legge n. 118/1971 ed ha quindi soppresso l'istituto
 dell'assegno di accompagnamento a favore dei minori  non  deambulanti
 non  completamente  invalidi, che costituiva un modesto beneficio per
 agevolare la concreta realizzazione di quei diritti all'istruzione ed
 all'avviamento professionale individuati dall'art. 38,  terzo  comma,
 della  Costituzione  in  capo  agli  inabili  e minorati e cio' senza
 prevedere provvidenze equipollenti. E' vero che la  stessa  legge  fa
 salvo,     con     modifiche,     l'istituto    dell'indennita'    di
 accompagnamento,ma essa, da un  lato,  e'  riconosciuta  solamente  a
 favore   dei  non  deambulanti  colpiti  da  inabilita'  assoluta  e,
 dall'altro, risponde a diverse finalita' ed in particolare  a  quelle
 indicate dall'art. 38, primo comma.
    Lo    stesso    legislatore,    rendendosi   evidentemente   conto
 dell'ingiustificata mancanza di provvidenze a favore di quei soggetti
 nei cui confronti, date la invalidita'  non  completa  e  la  giovane
 eta',  l'esigenza  di  valorizzare ogni possibilita' di reinserimento
 sociale deve prevalere sull'ottica assistenziale pura e semplice,  ha
 introdotto  con la legge n. 289 dell'11 ottobre 1990 un'indennita' di
 frequenza per i minori non totalmente invalidi (argomento dall'art. 3
 che sancisce l'incompatibilita'  tra  tale  indennita'  e  quella  di
 accompagnamento),  per  il  ricorso  a  trattamenti  riabilitativi  o
 terapeutici (art. 1, punto 1) e per la frequentazione di scuole o  di
 centri  di formazione o di addestramenti professionali finalizzati al
 reinserimento sociale dei soggetti stessi (art. 1, punto  3).  Questo
 nuovo  istituto  dell'indennita'  di  frequenza  risulta  in  realta'
 sostanzialmente equivalente, pur con qualche  variante,  all'abrogato
 assegno di accompagnamento.
    Risoltosi  ormai il problema per il futuro, non perde di interesse
 per   i   ricorrenti   la   sollevata   questione   di   legittimita'
 costituzionale, con riferimento al periodo temporale durante il quale
 il beneficio per cui e' causa e' stato revocato.
    3. - Concludendo, si deve ritenere non manifestamente infondata la
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge 21
 novembre 1988, n. 508.
    Tale  questione, inoltre, appare rilevante ai fini della decisione
 del presente giudizio.
    Il parametro  costituzionale  alla  luce  del  quale  valutare  la
 legittimita'   della   precitata   disposizione,  e'  costituito,  in
 conformita' ed in accoglimento della domanda  dei  ricorrenti,  dalla
 norma prevista dall'art. 38, terzo comma, della Costituzione.
    Non  si  ravvisano  invece profili di illegittimita' per contrasto
 con l'art. 3 della Carta fondamentale e  percio',  in  rigetto  della
 domanda  dei  ricorrenti  limitatamente  a  tale  punto,  si  ritiene
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 del predetto art. 6 con riferimento all'art. 3 della Costituzione.
    Pertanto,  tutto  cio'  ritenuto,  si  solleva dinnanzi alla Corte
 costituzionale, ai sensi degli artt. 1 della legge  costituzionale  9
 febbraio  1948,  n.  1,  e  23  della  legge 11 marzo 1953, n. 87, la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6 della  legge  21
 novembre  1988,  n.  508,  per  contrasto con l'art. 38, terzo comma,
 della Costituzione.
    Il giudizio deve essere interrotto in questa sede,  con  immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ai sensi dell'art.
 23,  ultimo  comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, va disposto che
 la presente ordinanza venga, a cura della cancelleria, notificata  al
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  ed alle parti costituite e
 comunicata ai Presidenti delle due Camere al Parlamento.